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Secondo i dati OMS, nel 2015 il cancro ha causato 8,8 milioni di morti in tutto il mondo: a oggi è la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e la gestione di ciascun tumore richiede strategie specifiche. Quali sono le linee di ricerca più moderne e quali le tecnologie all’avanguardia che abbiamo a disposizione per fronteggiare il cancro?
Ne parleremo martedì 11 settembre alle 18 presso lo spazio Trieste Città della Conoscenza insieme a Renata Longo (Dipartimento di fisica dell’Università di Trieste e INFN, sezione di Trieste) e Giannino Del Sal (professore ordinario di Biologia Applicata presso l’Università di Trieste). Introduce Eleonora Degano, giornalista scientifica.
L’incontro, gratuito e aperto a tutti è co-organizzato con il magazine di scienza online OggiScienza.
A ELETTRA Sincrotrone, Trieste, Longo lavora su una tecnica radiologica raffinata e all’avanguardia per le mammografie. “C’è una linea di luce chiamata Syrmep, nata proprio per gli studi di fisica medica da una collaborazione tra l’Università di Trieste ed Elettra. Negli anni scorsi, presso questa linea di luce, abbiamo fatto un primo studio di mammografia su una settantina di pazienti. Ci siamo serviti di un sistema sviluppato ad hoc e i risultati sono stati molto buoni”.
Ma cos’è un sincrotrone e cosa ha che fare con la diagnostica?
“Possiamo immaginarlo come una grande sorgente di radiazioni, una sorta di grande lampadina. Ma queste radiazioni hanno proprietà particolari e ogni linea di luce ha un suo specifico intervallo di energia con proprietà a sé”, spiega Longo. I vantaggi dell’usare la luce di sincrotrone per la mammografia sono molteplici. “Ci permette di abbassare la dose di radiazioni assorbita durante l’esame, senza dover però rinunciare alla qualità delle immagini. La diagnostica della mammella è molto delicata: si vuole fare una diagnosi precoce e servono immagini chiare e di buona qualità. Ma la mammella è anche un organo molto radio-sensibile, quindi la dose di radiazione deve essere quanto più bassa possibile”.
La luce di sincrotrone ha delle caratteristiche speciali, “in particolare quella che noi chiamiamo coerenza spaziale”, dice Longo, “che ci permettono di aumentare di molto il rapporto segnale-rumore. Si tratta di fisica medica, ed è proprio il principio fisico del contrasto di fase a permetterci di fare un importante salto di qualità nelle immagini che ricaviamo. Lo abbiamo visto con il primo studio sulle mammografie, ora ne abbiamo la conferma lavorando alle immagini tomografiche con oggetti test e campioni chirurgici. I fisici dell’Università di Trieste, dell’INFN e di ELETTRA lavorano insieme a radiologi, chirurghi e anatomopatologi ospedaliero-universitari. Un’apposita convenzione organizza la collaborazione tra le varie realtà del territorio e valorizza professionalità e competenze diverse”.
Ora il progetto guarda alla tomografia della mammella, un esame di secondo livello, “quel tipo di esame che segue lo screening quando c’è bisogno di approfondire”, prosegue Longo. “Ci sono l’ecografia, la biopsia, la risonanza magnetica, ma con la tomografia abbiamo un’opportunità in più perché ci consente di avere la ricostruzione volumetrica dell’organo e vedere meglio le eventuali lesioni”. Il prossimo step sarà lo studio clinico sui pazienti, che Longo e colleghi sperano di riuscire ad avviare entro la fine del 2019.
“Non possiamo certo immaginare un futuro in cui ogni ospedale avrà a disposizione un sincrotrone per il reparto di radiologia, ma il nostro obiettivo è dimostrare che usando una radiazione di un certo tipo si possono ottenere immagini di gran lunga migliori rispetto a quelle tradizionali”.
Uno degli aspetti meno noti al grande pubblico della ricerca sul cancro è l’importanza di conoscerne la biologia nei minimi particolari attraverso la ricerca di base. “Se non conosciamo il cancro non potremo usare al meglio i farmaci a disposizione né scoprire nuovi bersagli e approcci per contenere la malattia, per prevenirla e per trattare la parte più maligna del tumore, le metastasi”, conferma Del Sal.
Conoscere il normale funzionamento della cellula ci permette di capire meglio tutte le possibili aberrazioni che troviamo nel cancro. “La ricerca di base è fondamentale perché la cellula e i suoi processi sono complicati; nuovi strumenti e tecnologie ci permettono di dare nuove risposte a vecchie domande e di capire meglio il cancro. Possiamo guardarlo più in profondità e comprendere quali sono i processi alterati, ma anche come fa la cellula tumorale a riprogrammare il metabolismo a suo vantaggio”.
Questo tipo di ricerca aiuta anche a indirizzare i trattamenti, ma per portare sul mercato nuovi farmaci possono servire anche decenni e i costi sono enormi. Un possibile approccio - più rapido ed economico - è sfruttare le potenzialità di medicinali già in vendita per altre patologie.
“È possibile che alcuni farmaci possano essere riposizionati per l’utilizzo sul cancro”, conferma Del Sal. Si tratta di farmaci che hanno già superato gli studi clinici sui pazienti per arrivare in farmacie e ospedali, ma “non è un tentativo che si fa a caso. Vi si ricorre dopo aver studiato la biologia e le vie metaboliche e di segnalazione della cellula tumorale, oltre al modo in cui si relaziona con altre cellule e all’ambiente in cui si trova. Così potremmo scoprire che un farmaco impiegato per una patologia può funzionare, abbinato magari ad altre molecole, contro il cancro. È quello che abbiamo fatto con le statine [farmaci impiegati per abbassare il livello di colesterolo], usandole su quei tumori che hanno una crescita aberrante”.