democrazia-540.jpg
La crisi dell’UE e lo “scontro tra nazioni” che si delinea al suo interno impongono che ci si interroghi sul funzionamento della democrazia. La teoria democratica descrive il processo democratico come un circuito elettori-rappresentanti-classe politica-decisione.
Altri assunti della teoria democratica riguardano la relativa impermeabilità delle singole arene nazionali e una interdipendenza delle decisioni relativamente modesta.
Tuttavia oggi le arene decisionali nazionali hanno perduto parte della loro sovranità, a seguito dei processi d’integrazione sopranazionale (come nel caso dell’Unione Europea, oppure dell’affermarsi dei regimi internazionali, o ancora per l’azione di alcuni attori come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale), e le decisioni nazionali si ripercuotono nell’arena mondiale, per effetto delle interdipendenze dei mercati. Chi decide (o condiziona fortemente la decisione) sta fuori dal circuito nazionale elettori-rappresentanti-classe politica-decisione.
Si delineano così tre fenomeni che hanno una influenza notevole sulla vita politica delle nazioni. In primo luogo, si osserva la dualità della leadership nelle democrazie contemporanee. Le élite internazionali e i funzionari che operano attraverso le organizzazioni e i regimi internazionali esercitano un controllo effettivo sul raggio d’azione delle classi politiche nazionali, quindi queste élite e questi funzionari svolgono un’azione pubblica. In secondo luogo, questa azione pubblica è svolta da un funzionariato inquadrato in ruoli burocratici in grandi organizzazioni capaci d’intervento a livello planetario e l’azione di condizionamento di questo funzionariato e di queste organizzazioni si spersonalizza e si automatizza. Il controllo sul raggio d’azione delle classi politiche nazionali esercitato da queste élite internazionali, assume il carattere dell’ineludibilità ed entra in conflitto con gli interessi presenti nei domini nazionali. In terzo luogo, su queste élite internazionali non agisce alcun controllo elettorale democratico, esse non sono responsabili (accountable) delle decisioni che impongono o condizionano fortemente.
Il caso italiano e il populismo come fenomeno si collocano su questo sfondo, in una tensione tra processi di mondializzazione (o di interdipendenza) e chiusura nazionalistica dello spazio politico.
Giuseppe Ieraci è professore di Scienza della Politica e Politiche Pubbliche presso l’Università di Trieste. I suoi interessi di ricerca comprendono la teoria democratica positiva, lo studio comparato delle istituzioni politiche, l’analisi dei sistemi partitici e della competizione politica. Tra le sue pubblicazioni più recenti: ‘Government alternation and Patterns of Competition in Europe. Comparative data in search of some explanations’, West European politics, n. 3, 2012; ‘Il crollo dei regimi non democratici. Stabilità politica e crisi di regime in Tunisia, Libia ed Egitto’, Rivista Italiana di Scienza Politica, n. 1, 2013; ‘Il sistema dei partiti in Italia dal secondo dopoguerra ai giorni nostri’, in M. Almagisti, L. Lanzalaco, L. Verzichelli (a cura di), La transizione politica italiana. Da Tangentopoli ad oggi, Roma, Carocci, 2014; ‘Revolutions and Democracy’, Quaderni di Scienza Politica, n. 3, 2015; Le politiche pubbliche, Torino, Utet, 2016.